di: Redazione | 11 Gennaio 2024
L’Angola ha posto fine a 16 anni di adesione all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) in un periodo in cui sembra aver scelto di avvicinarsi agli Stati Uniti – cronico oppositore dell’esistenza del cartello guidato dall’Arabia Saudita – rischiando di aprire uno scontro irritante con quel Paese del Medio Oriente Oriente, che l’anno scorso ha prestato all’Angola 110 milioni di dollari per la costruzione di un parco industriale nel comune di Catumbela, nella provincia di Benguela. Questa è il timore espresso dal quotidiano locale Expansao a poche settimane dall’uscita dall’Opec annunciata dall’Angola e con la quale, sì, il Paese risparmierà 8 milioni di dollari l’anno, ma si posiziona in rotta di collisione con i sauditi.
Eppure, ricorda il quotidiano, i rapporti con l’Arabia Saudita non erano mai stati così stretti come nell’agosto dello scorso anno, quando un rappresentante del re saudita si recò in Angola per annunciare l’apertura di una rappresentanza diplomatica, progetto che però non ha ancora visto la luce.
Per gli esperti, la chiusura dei battenti all’Opec, in un momento in cui il cartello cerca a tutti i costi di tagliare la produzione per influenzare i prezzi, potrebbe avere un costo elevato per l’Angola, in cerca di finanziamenti per il suo bilancio statale generale (Oge) e gli investimenti pubblici . “Se guardiamo alla situazione del Paese, che è negativa dal punto di vista finanziario, e come tutti sappiamo ha un Oge di cui oltre la metà viene finanziata, e se guardiamo chi sta investendo nel Paese negli ultimi tempi, vediamo che gli investimenti in aumento hanno iniziato ad affluire dai Paesi del Medio Oriente”, spiega José Oliveira, collaboratore del Centro Studi e Ricerche Scientifiche (Ceic) dell’Università Cattolica dell’Angola.
Quanto alle giustificazioni del governo per uscire dal cartello dei produttori di petrolio, per il fatto che l’Opec voleva tagliare la quota di produzione nazionale a 1.110 milioni di barili al giorno (70mila in meno di quanto previsto dall’Angola), sono molte le voci che mettono in dubbio la veridicità di questa argomentazione. Questo perché i 1.180 milioni di barili/giorno richiesti dall’Angola sono superiori ai 1.060 milioni registrati nell’Oge e la storia dimostra che il Paese non ha raggiunto gli obiettivi di produzione previsti nei budget almeno dal 2013.
Circolano diverse teorie per la decisione di chiudere le porte all’Opec. E uno di queste è la “mano statunitense” nel processo. Sono diverse le voci che avanzano l’ipotesi che l’Angola sia uscita per avvicinarsi agli Stati Uniti, puntando su un presunto accordo tra i presidenti Biden e Lourenço, incontratisi a fine 2023 alla Casa Bianca, in un’iniziativa che mirava a mostrare una nuova era nelle relazioni tra i due Paesi mentre i nordamericani stanno cercando di guadagnare terreno in Africa e di diminuire il peso della Cina nel continente. [Da Redazione InfoAfrica]
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