di: Redazione | 17 Novembre 2017
È rimasto dietro le quinte per anni. Si è fatto accusare di tradimento, ha rischiato la morte per avvelenamento mangiando un gelato. Emmerson Mnangagwa, 75enne vice-presidente dello Zimbabwe, ha ingoiato bocconi amari negli ultimi mesi. Sempre in silenzio, rispettoso dei ruoli istituzionali e del vessillo anti-colonialista rappresentato dal suo grande amico e Presidente Robert Mugabe e dallo ZANU-PF, il movimento rivoluzionario che guida il Paese ininterrottamente dal 1980.
Fino a 10 giorni fa, quando su mandato di Grace, la moglie del 93enne Presidente dello Zimbabwe, e del Ministro dell’Istruzione Jonathan Moyo, è stato rimosso del suo ruolo e costretto a fuggire dal Paese con la sua famiglia. In dieci giorni, il «Coccodrillo», come è soprannominato Mnangagwa per la sua astuzia e voracità, ha coordinato la vendetta in gran segreto fino ad azzannare la preda. Al suo fianco l’esercito, da sempre fedele a Mugabe, ma infastidito dall’escalation di potere della moglie del vecchio leader.
Mnangagwa, insieme alla sua fazione, il cosiddetto «Team Lacoste», in onore del noto brand francese che espone il coccodrillo come segno di riconoscimento, ha avuto l’immediato appoggio dei militari che hanno avvallato il suo ritorno, scalzando Mugabe dopo 30 anni di governo.Laureato in legge mentre si trovava in esilio in Zambia, sposato con due figli, Mnangagwa rappresenta a pieno l’establishment politico zimbabwano intriso di idee staliniste, elementi tribali e vincoli militari.
Conosce a menadito tutti gli scheletri nell’armadio di Mugabe, motivo per cui “il vecchio Bob” lo ha sempre voluto al suo fianco, prima come Capo dei Servizi segreti, poi come Ministro della Difesa e della Giustizia e infine come vice-presidente. All’inizio degli anni’80 fu l’esecutore dello sterminio di almeno 20mila persone di etnia Ndebele che, in cerca di maggior autonomia, si erano ribellati al governo centrale. Come riportato in una serie di documenti consegnati dai servizi segreti all’agenzia Reuters, i primi screzi tra Mnangagwa e Mugabe risalgono al 2009, in seguito alla decisione di Mugabe di non riconoscere la vittoria alle presidenziali del 2008 del leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai.
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